Progetto TRILOGIA DELLA MEMORIA
La visione dell’intera terna in successione è consigliata e favorita dalla promozione speciale acquistando i biglietti direttamente al botteghino
Bisogna ricordare, si. Ma ricordare prima… ci dice il grande Federico Garcia Lorca. Prima di cosa? Prima che sia troppo tardi, o prima che accada ancora, o prima ancora che accada. Un nuovo senso della memoria e del ricordo, una nuova forma di monito che non sia ammaestrante o peggio “emulante” ( perchè nel “ricordare” questo rischio c`e`) ma evocativa da una parte e futuristica dall’altra, che fonda il passato ed il futuro attraverso il presente attuativo, che ci metta degli occhiali per vedere oltre, per ricordare prima…Forse quel prima può voler anche dire “più velocemente”
Prima di ora, subito! Non abbiamo ancora tanto tempo per farlo, prima che i cambiamenti climatici ed economici ci travolgano, che la violenza del progresso ci spazzi via, che le guerre e il sangue scorrano più forte di ora: e così con “Inferno” raccontiamo con il linguaggio trecentesco di Dante tutti i disastri ambientali più famosi, un passato che evoca un passato ancora presente con le sue conseguenze e annuncia a ciò che sarà. Con “Olivhood” siamo nel Sud del mondo, in tutti i Sud del mondo, dove è rimasta solo Hope nel 2073, dove è tutto morto tranne una pianta bonsai di Ulivo e dove solo Olivhood ha l’acqua: dal 2073 il racconto di uno scenario di sciacallaggio e distruzione, dove i pochi sopravvissuti alla ‘grande esplosione” cercano di corrompere Olivhood in tutti i modi per riprodurre intensivamente la pianta e fare affari, ma lui avverte. Ricorda.
Ritrae mondi passati e scenari cari alla memoria dell’ agricoltura, ormai sparita per sempre. In A senza nome ritroviamo parabola in cui i personaggi della vicenda scritta da Sofocle si fondono con altri della nostra contemporaneità; una storia tanto simile a quella dell’eroina greca quanto reale, costruita grazie a un fitto gioco di ruoli creato dalla stessa protagonista per riuscire a entrare nella trama della propria vita e contendere al suo avversario – che gli altri chiamano il Capo – quel segreto che tutti devono conoscere. “Quindi io, consapevole della responsabilità morale e giuridica che assumo con la mia deposizione, m’impegno a dire tutta la verità e a non nascondere nulla di quanto è a mia conoscenza.”
Per ricordarci ORA.Prima Perché non accada mai più.
A senza nome
ore 19:00
con Michela Diviccaro
drammaturgia: Teodora Mastrototaro
collaborazione alla drammaturgia: Daniele Nuccetelli
sound design: Daniele Vergni
ideazione scenica, luci, regia: Daniele Nuccetelli
aiuto regia: Mariella Parlato
movimenti coreografici: Monica Mango
costumi: Werkstattesantamaria di Cia Caporusso
bambola realizzata da MR 3D makers
tavolo costruito da Gianluigi Carbonara
barca a vela creata da Jacopo Garribba
foto di scena Antonella Dargenio Cinzia Dibenedetto
regia video: Daniele Cascella
cameraman: Pietro Damico
registrazioni audio: Andrea Ruscitto ⌊miriam recording studio⌋
montaggio video: Leonardo Birindelli
grafica: Akhu
Produzione: Il Celo di Carta
“In giudizio non si crede se non a chi ha giurato”
Così i romani sintetizzavano l’essenza sacrale che la formula del giuramento assumeva nelle azioni processuali.
Ma in che modo si combatte una legge ingiusta? Chi si nasconde veramente dietro i volti di coloro che hanno fatto della democrazia una deviazione politica personale e illegittima? E con quali mezzi sono riusciti a trasformare una società civile in un teatro dell’orrore?
A senza nome prende spunto dall’Antigone di Sofocle per rispondere a queste domande dando vita a un racconto epico-moderno tratto da un’avvenimento realmente accaduto.
Una donna decide di mettere in scena la sua storia attraverso un vero e proprio circo di personaggi stravaganti, grotteschi, surreali; un mondo di facce e di esistenze – interpretate da lei stessa – che l’aiuteranno ad esumare il proprio nome dimenticato prima ancora di quello del fratello morto e l’accompagneranno fino a un’istante prima del numero finale dello show, proprio nell’attimo in cui Il respiro del pubblico si ferma e l’acrobata dà inizio alla sua danza nel vuoto, lassù in alto, per aiutarci a sconfiggere le nostre stesse paure.
A senza nome è una parabola in cui i personaggi della vicenda scritta da Sofocle si fondono con altri della nostra contemporaneità; una storia tanto simile a quella dell’eroina greca quanto reale, costruita grazie a un fitto gioco di ruoli creato dalla stessa protagonista per riuscire a entrare nella trama della propria vita e contendere al suo avversario – che gli altri chiamano il Capo – quel segreto che tutti devono conoscere.
“Quindi io, consapevole della responsabilità morale e giuridica che assumo con la mia deposizione, m’impegno a dire tutta la verità e a non nascondere nulla di quanto è a mia conoscenza.”
In iudicio non creditur nisi iuratis.
Inferno e pandemia
letture abrasive dalla Divina Commedia
ore 20:00
di e con Annamaria Di Pinto
Produzione: Il Cielo di Carta
Inferno e Pandemia: tre canti, tre elementi, tre passaggi, tre esperimenti, tre come la stessa terzina dantesca, tre come le Cantiche, tre come numero supremo simbolico e vitale. Un viaggio attraverso il suono della parola dantesca sviscerato nell’apertura del I canto, sferzato nell’attraversamento del V canto, per finire acuto nel XXVI canto: una sperimentazione vocale e sonora che porta nel turbinoso percorso infernale senza soluzione di continuità ad attraversare fisicamente la singola parola e il singolo suono, aggrappati ad immagini ed oggetti sopravvissuti all’inghiottitoio nefasto degli Inferi. Un approccio abrasivo alla sacra materia di un testo immortale, interpretato attraverso la forza dei suoni e delle manipolazioni della voce, per aprirlo a nuovi significati. Pochi elementi in scena. L’attrice, Annamaria Di Pinto, si districa magistralmente tra terzine e rime, accompagnata da musiche e suoni elettronici. L’atmosfera è variabile. Si passa da momenti feroci a istanti in cui lo spettatore sembra viaggiare in un ventre liquido. La voce di Annamaria è superba, graffia, soffoca, stringe, in un moto sincronico con le sperimentazioni sonore, che si presentano come vere e proprie scenografie musicali. La compagnia rivisita Dante in modo originale, al di fuori di ogni chiave classica.
L’Inferno è ora sulla terra, nella rilettura ambientale suggerita dal video che viene proiettato all’inizio della performance.
Olivhood
ore 21:00
di e con Annamaria Di Pinto e Michele Di Bari
regia di Annamaria Di Pinto
Produzione: Il Cielo di Carta
Una tarda sera, nel futuro 2073. Nelle campagne non c’è più nessuno. Gli uomini sono tutti morti, tranne pochissimi sopravvissuti, le terre sono desertificate, le piante non ci sono più, l’agricoltura è ormai un lontano miraggio. È tutto morto, tranne Hope un piccolo ulivo bonsai. Olivhood racconta di una terra ormai abbandonata da tutti e bruciata da un evento finale distopico, di un sistema che ha stritolato padroni e operai, di un disastro ambientale che ha costretto i frutti a sparire per sempre. Ma ricorda quando durante la sua giovinezza, la famiglia e il Quartiere lo hanno allevato, lo hanno forgiato, con l’assenza, con la durezza della strada, portandolo a sognare altro, quell’ “altro” che diviene sogno in un cassetto vuoto, sogno di essere “Qualcuno”, di essere “qualcos’altro”, a disprezzare in quel periodo la terra, quando era ancora fertile, seppur sempre dura e difficile, per inseguire una nuova famiglia che lo accogliesse. I ragazzi del Quartiere e anche Olivhood vogliono possedere il profumo che il ricco signore lascia per strada passando e non possono comprare. Così l’unica via sembra essere il crimine. Olivhood è un ladro di sogni, un ladro di fiori, ma non ruba ai ricchi per dare ai poveri, ruba la speranza di una nuova vita da ostentare, per comprare quel profumo e andare via dal Sud. Il Sud del mondo. Incontra personaggi ambigui, eroi, boss e fratelli, che cercano di corromperlo, sopravvissuti alla “Grande Esplosione”. Olivhood è eternamente il nostro Sud e solo lui ha l’Acqua.