• REPLICHE/8/9 novembre 2021 h. 20
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AVE MARIA
La Morte si sente sola. Cerimonia per l’attrice María Cánepa
Attrice: Julia Varley
Testo e regia: Eugenio Barba
Assistente alla regia: Pierangelo Pompa
Montaggio sonoro: Jan Ferslev
Odin Teatret ringrazia Luciana Martuchelli e Cia. YinsPiração di Brasilia, Aderbal Freire e il Teatro Poeira di Rio de Janeiro, il Teatro Laboratorio Isola di Confine di San Venanzio, il Teatro Potlach di Fara Sabina, Marilyn Nunes e i partecipanti del seminario per registi tenuto a Holstebro in ottobre 2012.
Odin Teatret: Eugenio Barba, Kai Bredholt, Roberta Carreri, Claudio Coloberti, Chiara Crupi, Jan Ferslev, Elena Floris, Lene Højmark, Nathalie Jabalé, Donald Kitt, Søren Kjems, Tage Larsen, Else Marie Laukvik, Sofía Monsalve, Augusto Omolú, Annelise Mølgaard Pedersen, Pierangelo Pompa, Fausto Pro, Sigrid Post, Iben Nagel Rasmussen, Francesca Romana Rietti, Anne Savage, Mirella Schino, Pushparajah Sinnathamby, Rina Skeel, Ulrik Skeel, Nando Taviani, Valentina Tibaldi, Julia Varley, Frans Winther

Trecento scalini in pochi istanti.
Pelle di pietra sopra la mia testa.
I morti e le mosche trasparenti
che sono? Ed io che conto?
Forse la morte non porta via tutto.
Questi versi del poeta italiano Antonio Verri riassumono lo spettacolo.
L’attrice inglese Julia Varley evoca l’incontro e l’amicizia con l’attrice cilena María Cánepa. È la Morte a celebrare la fantasia creativa e la dedizione di María che seppe lasciare una traccia dopo la sua partenza.

Eugenio Barba
Le origini di Ave Maria
Quando Julia Varley ha espresso il desiderio di fare uno spettacolo su María Cánepa mi ha trovato subito d’accordo. Avevo conosciuto María e suo marito Juan Cuevas nel 1988 durante la prima visita dell’Odin Teatret in Cile, e da questo incontro era nata un’amicizia profonda. Questo legame affettivo si nutriva anche delle comuni radici italiane, dell’esperienza dell’essere ambedue emigranti e della consapevolezza che il teatro era la nostra vera patria.

Confesso che avevo anche una domanda professionale, una curiosità che apparteneva al mestiere. Era una sfida, e consisteva nel voler evocare María attraverso uno spettacolo che fosse una cerimonia che esprimesse l’emotività della sua vita professionale e al tempo stesso il mistero della morte. Ho scelto Mr Peanut, il cui viso è una testa di morto, un personaggio già presente in altri spettacoli di Julia Varley. Volevo che questo personaggio si rinnovasse e incarnasse il mistero della trasformazione della vita in morte, mentre la voce di María risuonava nello spazio come il canto di un torrente tra mille farfalle.

Alla fin fine volevo aiutare la mia attrice a dichiarare il suo affetto a un’altra attrice riportandola in vita attraverso il teatro. Personalmente, io volevo pagare il mio debito di gratitudine verso María e suo marito Juan.