• REPLICHE /16 novembre 2024 h. 21:00 - 17 novembre 2024 h 18.00
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PRIMA NAZIONALE
IDILLIO – LEOPARDI E LA LUNA

da GIACOMO LEOPARDI
di e con LUIGI MORETTI
musiche in scena MARIO SALVI
scene GUERRINO ANDREANI
costumi STEFANIA CEMPINI
disegno luci ETTORE BIANCO
assistente alla regia STELLA ADDARIO
organizzazione DARIO GILIBERTI
comunicazione MARILÙ URSI
amministrazione LUCIA DI MAURO
foto PAOLO MONINA
gra­fica ENZO BERARDI
produzione COMPAGNIA DEL SOLE
si ringrazia FIAMMETTA CARENA per la collaborazione

La figura che può dirsi, senza alcun dubbio, componente essenziale dell’immaginario leopardiano è la luna. La luna e, naturalmente, il paesaggio che la circonda.

Italo Calvino nelle sue Lezioni americane ci ricorda che Giacomo Leopardi a quindici anni scrive una storia dell’astronomia di straordinaria erudizione. La contemplazione del cielo notturno che ispirerà a Leopardi i suoi versi più belli non era solo un motivo lirico; quando parlava della luna Leopardi sapeva esattamente di cosa parlava.

La contemplazione del cielo stellato, degli spazi cosmici, il colloquio con la luna, sua muta e solinga interlocutrice, rappresentano un motivo che attraversa la sua opera.

La luna, appena s’affaccia nei versi dei poeti, ha avuto sempre il potere di comunicare una sensazione di levità, di sospensione, di silenzioso e calmo incantesimo. Calvino in un primo momento avrebbe voluto dedicare la lezione sulla leggerezza tutta alla luna: seguire le apparizioni della luna nelle letterature d’ogni tempo e paese. Poi decide che la luna andava lasciata tutta a Leopardi. Perché il miracolo di Leopardi è stato di togliere al linguaggio ogni peso fino a farlo assomigliare alla luce lunare. Le numerose apparizioni della luna nelle sue poesie occupano pochi versi ma bastano a illuminare tutto il componimento di quella luce o a proiettarvi l’ombra della sua assenza.

Provate ad osservarla e ascoltarla non solo come parola, certo componente fondamentale della poesia, ma come un magico emblema, una figura mitica, un’interlocutrice simbolica.
Come vetta più elevata della poesia che attraverso la sua potenza, si impone nella vita dell’uomo. Nostra e del Poeta.

Un’immagine quella della luna, malinconica e dolce.

E come dice Leopardi, la malinconia è dolce perché immerge l’anima in pensieri indefiniti, senza contorni.
La luna è misteriosa, sconosciuta. L’anima si immagina quello che non vede e non conosce.

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L’Uomo semplice, non particolarmente erudito ma di animo sensibile, scopre la poesia del Poeta, con tanta fatica prova a comprenderla e piano piano si appassiona. Ci si rispecchia, ci si confronta e scopre che parla di lui, della sua vita. Si racconta attraverso brevi storie, aneddoti della sua infanzia, insoddisfazioni giovanili, gioie vissute, solitudine e dolori profondi.
La passione aumenta in un gioco di doppi alternati proprio quando scopre il tema della Luna: l’Idillio del Poeta con la Luna amica confidente e l’Idillio dell’Uomo con ciò che il Poeta prova e scrive, la Luna specchio in cui il Poeta si riflette e la Poesia del Poeta in cui si specchia l’Uomo.
La poesia elevata, non sempre di facile e immediata comprensione diventa dell’Uomo, ora l’ha compresa, ci si è riconosciuto, il doppio diventa un tutt’uno. Un processo che l’Uomo percepisce come un dono fino al punto di poter pensare che, quasi quasi avrebbe potuto scriverla lui, in un delirio di leggerezza, la stessa evocata dalle sonorità popolari e nostalgiche di un organetto che rende omaggio alla terra del Poeta.
Luigi Moretti