IL PIANTATORE DI LUNE di Raffaele Nigro
Note
Ninuccio Carnevale si propone di “acchiappare” la luna e quando Sebastiano che pensa di partire per sempre dice: “Partiamo con le nostre cose, l’acqua dell’Ofanto, il favonio dentro i barili, le ossa dei nonni, quelle di mia madre, gli olivi, la luna e le abitudini di tutti. Perché non si perdano”.
Di rincalzo Ninuccio risponde: “Voglio portarmi i proverbi, le canzoni che abbiamo cantato, queste case a trullo, i Santi di casa e le abitudini antiche”.
Sogno che si realizzerà dopo la morte quando “…salpava, in una musica dolce, per il paese dove germoglia l’albero della luna”.
Fummo sbalorditi la prima volta nel lontano 1980 quando mettemmo in scena il suo “Grassiere” che già portava con sé tutte le croci, le credenze, i monachicchi e le anime dei morti, i briganti e le baronesse, le meraviglie e le tradizioni del popolo meridionale.
Indovinammo la caterva di premi che lo avrebbe ricoperto da lì a qualche anno!
Il fascino della favolistica popolare guida anche la maggior parte dei racconti de “il piantatore di lune” (novità della Biblioteca Universale Rizzoli 1991) con i quali Nigro ancora ammalia, invita alla lettura, spinge alla messa in scena, accompagna muro muro a una passeggiata nel suo mondo contadino dove ogni scongiuro si fa preghiera.
San Nicola con tre palle d’oro / dagli buoni pensieri e mai dolori /
dagli quiete la sera e la mattina / come la luna al gallo e alla gallina
Non vi è che l’imbarazzo della scelta tra i bellissimi racconti che Il Piantatore di lune porta con sé.
Da “Il Vasaio” a “La rivolta dei Pupi leccesi”, da “Il Traghettatore” a “Elogio della fuga”.
Il raccontare di Nigro, per dirla con le parole del critico letterario Geno Pampaloni, è un melodramma contadino, fosco e gentile, recitato all’aria aperta, non su un palcoscenico ma in uno scenario naturale, una natura popolata da antichi, secolari fantasmi.
Che questi fantasmi possano guidarci in una narrazione scenica coinvolgente ed emozionante.
Vito Signorile