Ondina la sirena bambina
Destinato ad una fascia d’età 6-11 anni
“Semi-Finalista PREMIO SCENARIO Infanzia 2014”
“Finalista Bando Teatro…Voce della società giovanile. Endas Bologna”
interpretato e diretto Ilaria Cangialosi, Angela Iurilli
Drammaturgia e testi: Ilaria Cangialosi
Disegno luci: Gianvito Marasciullo
Costumi: Micaela Colella
Produzione Animalenta
Con la straordinaria partecipazione di Vito Signorile che presta la voce al Re del Mare
Si ringrazia la collaborazione di Teatri di Bari
La storia, ispirata al mito delle Ondine, da cui ha origine la fiaba di Andersen indaga il tema dell’identità con leggerezza e ironia. Ondina è una Sirena Bambina. Un corpo a metà tra l’infanzia e l’età adulta: “La verità? La verità è che non sono né carne né pesce”. Ondina non si piace, la sua pinna è brutta “Nonnina ma che cosa sono io? Perché siamo fatti così? Perché non abbiamo le gambe oppure perché non abbiamo la testa di pesce?? ” Ondina nel mare è soltanto la voce Azzurra: “Se resto qui nessuno potrà sentire la mia voce, soltanto polipi, arringhe e tutt’al più pescatori!” Ondina vuole essere qualcuno, qualcuno d’importante, amata da tutto il mondo. Il cercare l’approvazione del mondo esterno, il desiderare di essere diversi da come si è, porterà Ondina a rinunciare ai suoi affetti e al suo mare… e una volta lì….
Approfondimento
La storia parte dal mito delle Sirene per poter arrivare ai nostri giorni. La sirena bambina desidera andare nel mondo fuor d’acqua, non per amore stavolta ma perché desidera un corpo diverso dal suo, idealizza un luogo dove tutto è possibile, cerca l’approvazione del mondo esterno per poter diventare qualcuno di importante, famosa, amata in tutto il mondo. In questo viaggio si perde. Perde se stessa, la sua identità. L’utilizzo di un personaggio fantastico come la sirena ci aiuta a rappresentare meglio un momento tanto delicato come la pre/adolescenza. Il sentirsi a metà, qualcosa in divenire è proprio la condizione di questa fase della crescita, il desiderare ciò che non si ha, l’approvazione del mondo esterno, è il male del nostro tempo. “Esisto se sono amata” Esisto se gli altri mi vedono, se piaccio”. Ad un certo punto, Ondina capirà di essersi persa… capirà che il personaggio che gli hanno cucito addosso non le appartiene. Si chiederà ancora: “Che cosa sono io? Che cosa vuole Ondina?”
Riflessioni
– Come diventerò? Come sarà il mio corpo? Sarà all’altezza dei miei intransigenti ideali? – si chiedono i preadolescenti. Le bambine sviluppano atteggiamenti dell’adolescenza prima di svilupparne le caratteristiche fisiche. L’adolescenza non coincide più con la pubertà. Il desiderio di uscire dall’infanzia è molto più forte oggi, e questo deriva da un ambiente sociale che induce la frenesia di una crescita rapida e di un accesso immediato alla fascia di età superiore, bruciando le tappe. Lo sviluppo precoce, abbreviando il periodo infantile, rischia di impoverire i processi mentali connessi al gioco, alla fantasia, alle attività disinteressate, particolarmente favorevoli al sorgere di abilità cognitive divergenti rispetto ai percorsi prefissati, le uniche in grado di proporre domande innovative e soluzioni creative. La fretta che caratterizza questa società tende ad ‘adultizzare’ i bambini, a renderli adolescenti precoci, copie in miniatura di quei ‘fratelli maggiori’ che conoscono soprattutto attraverso gli spot pubblicitari dove i bambini sono sempre sani, belli, felici. Di fronte alle ‘divinità’ proposte dai mass-media come esseri compiuti e perfetti, i mutamenti puberali, non sempre immediatamente estetici, vengono recepiti dai ragazzi con ansia e paura.
E vi sono i fattori culturali, quelli che dipendono direttamente dal mondo degli adulti, a inquietare di più. Il fotografo francese Alain Delorme ha voluto denunciare lo stravolgimento dell’infanzia nella serie «Little Dolls». «Riprendo sempre una bambina, un dolce, uno sfondo colorato, i genitori. Poi comincia la trasformazione, con un software per il fotoritocco – spiega Delorme -. Trucco il viso, rimodello il naso, alleggerisco i tratti e modifico carnagione, colore degli occhi, pettinatura. Questa chirurgia estetica del pixel fa sparire il reale a favore di un’immagine interamente artificiale». Che però esprime perfettamente una tendenza che si afferma negli Stati Uniti e sempre di più anche in Europa. I concorsi di bellezza per bambine, a lungo criticati e portati spesso ad esempio della barbarie culturale americana, erano in realtà l’avanguardia di un processo ormai attuale anche in Francia e in Italia. E la società ipersessualizzata, che associa in modo più o meno subliminale qualsiasi oggetto – da una bibita ai pneumatici alla colla – al corpo femminile, non manca di fare sentire i suoi effetti su bambine che colgono inconsciamente segnali continui: un «effetto Barbie» moltiplicato per mille.