• PRIMA REPLICA /Sabato 4 APRILE 2020, h. 21
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IN BASE ALLE DISPOSIZIONI DEL DECRETO GOVERNATIVO DEL 4 MARZO PER CONTRASTARE IL CORONA-VIRUS IL PRESENTE SPETTACOLO È ANNULLATO.

I figli della frettolosa è un progetto di formazione teatrale sul tema della cecità rivolto ad attori ed aspiranti tali, di qualunque provenienza ed età, con una particolare attenzione a persone affette da disabilità visive, interessate all’arte scenica ed alle sue differenti sfaccettature (scrittura, recitazione e regia).

Il progetto nasce da un’idea di Gianfranco Berardi attore e autore non vedente e da Gabriella Casolari attrice e regista che, con la propria Compagnia, in maniera reale ed in maniera allegorica, utilizzano il tema della cecità e della mancanza come perno della propria poetica.

Il lavoro si sviluppa in forma di laboratorio teatrale, di circa dieci giorni di lavoro, finalizzato alla messinscena di un evento spettacolare in cui i partecipanti, non vedenti, ipovedenti e normodotati, affrontano il tema della diversità, della crisi e della perdita, sia come racconto autobiografico di un’esperienza personale fortemente caratterizzante, sia come metafora di una condizione esistenziale che oggi, sempre di più, pare somigliare a quella di un cieco (precarietà, instabilità, assenza di prospettiva, individualismo esasperato).

La Compagnia ha realizzato un primo esperimento di lavoro nell’ottobre 2015, all’interno di un programma di lettura digitalizzata per non vedenti, dove un laboratorio di creazione e messinscena ha prodotto un evento finale che ha visto la partecipazione di tre attori non vedenti, un ipovedente e due attori così detti normodotati.

L’esito estremamente positivo di quell’esperienza è stato il pungolo per l’elaborazione di questo progetto.

Ispirandosi alle tematiche affrontate nello spettacolo In Fondo agli occhi (debutto al Festival VIE di Modena nel 2013), in cui la cecità è affrontata sia in maniera tragicomica come malattia reale da cui Gianfranco è afflitto e di cui Gabriela si prende cura sia come metafora dello stato in cui verte il nostro Paese, ed alle sue cifre espressive – cattiveria e comicità, ironia e poesia, autobiografico ed universale – il laboratorio intende sviluppare la sua ricerca attraversando le paure e i sogni di noi “esseri umani “, smarriti tra il ricordo dell’ultima cosa vista e il desiderio di quello che ci piacerebbe ancora vedere del mondo.

Prescindendo dal valore integrativo, di emancipazione e catartico che il teatro e progetti di tale natura hanno, obiettivo del laboratorio è quello di indagare ed affrontare dinamiche sceniche e di costruire materiali teatrali unicamente a scopo formativo e creativo di natura artistica.

Le tecniche utilizzate infatti sono tutte teatrali: training fisico e vocale, esercizi di improvvisazione verbale, di improvvisazione scrittoria, di analisi ed indagine della scena; il fine è quello di creare monologhi, dialoghi, azioni ed immagini utili alla costruzione del montaggio finale. Il laboratorio è pensato per un massimo di 10 persone; tempo previsto di lavoro è variabile dalle 5 alle 6 ore giornaliere per un periodo tra gli 8 e i 12 giorni, sensibili di variazioni a seconda del numero delle esigenze dei partecipanti.

Testi di riferimento e propedeutici all’indagine saranno:
Cecità di Josè Saramago (letteratura)
La locanda della felicità di Zhang Yimou (cinema)
E il già citato “In fondo agli occhi” (teatro)