Come non lasciarsi coinvolgere in uno scambio di idee sul Teatro Margherita? Da cittadini, prima ancora che da operatori culturali e teatrali.
Senza lasciarsi condizionare dalle mode passeggere e senza lasciarsi tentare da egoismi e interessi di parte. Altroché se ci piacerebbe gestire questo splendido monumento. Sarebbe la realizzazione di un sogno. Il coronamento di una vita spesa per non emigrare, essendo innamorati della propria città e di un lavoro, quello del “teatrante”, difficile oggi ma quasi impossibile in quegli anni sessanta e settanta, quando lo abbiamo intrapreso, trasformando un capannone industriale (intorno al quale, all’epoca, pascolavano ancora delle pecore) in un piccolo ma accogliente teatro, l’Abeliano, in cui svolgere attività culturali polivalenti.
Uno spazio di 600 metri quadri divisi in due da un muro portante, un fitto di cinquantamila euro annui, condizionano non poco idee e voglie di fare grandi cose. E moltiplicano le dimensioni del sogno.
Pur tuttavia è necessario discutere mettendo in primo piano gli interessi di una città metropolitana che ha visto moltiplicarsi negli anni artisti, operatori e professionalità eccellenti in ogni branchia delle Arti, dello Spettacolo dal vivo e della Cultura. Una città che ha conosciuto momenti di straordinario attivismo spettacolare di grande respiro nazionale e internazionale. Una città che ha visto crescere a dismisura esigenze e capacità critiche dei propri cittadini-spettatori. Senza dimenticare che resta una città con le sue grandi periferie e i suoi grandi problemi. E proprio per queste ultime considerazioni riteniamo debba aprirsi un approfondito dibattito sui numerosi “contenitori” di proprietà pubblica, sparsi in tutta la città, periferie comprese, che potrebbero essere “affidati” a gruppi e operatori in grado di attivarli con progetti mirati e al servizio di quella parte di città prima ancora che di tutta la città.
Tornando all’oggetto dei nostri sogni, che ci piace chiamare semplicemente il Margherita, come quando ci si recava per assistere ad uno spettacolo di rivista o ad un film o ad un concerto. Tornare a dire (a struttura ultimata e con una precisa destinazione d’uso che ci piace immaginare polivalente): vado al Margherita per assistere ad uno spettacolo di prosa o di danza; vado al Margherita per assistere ad un concerto jazz o da camera o per vedere un film d’essai; vado al Margherita per gustarmi un aperitivo e una mostra particolare. Perché al Margherita tutte quelle attività effettivamente si svolgono.
Naturalmente non si può non tenere conto che di tutte le branchie dello spettacolo dal vivo, nella nostra città, i più “sacrificati” sono gli amici della Danza i quali più di altri soffrono della mancanza di una “casa” di riferimento. Agli amici concertisti e musicisti, che operano in condizioni non certo ideali, costretti a ricorrere spesso alle sale di alberghi, ci auguriamo, ci penserà la Fondazione Petruzzelli e Teatri di Bari, con l’auspicabile messa in agibilità dell’Auditorium del Conservatorio.
Ci pare pertanto importante che si apra un confronto istituzionale e non solo con il Comune. In ogni caso resta fondamentale che qualsiasi progetto di gestione si confronti in una pubblica, trasparente, democratica gara.
Vito Signorile
Direttore Artistico
Teatro Abeliano