Per me questo mestiere è stato attrattivo più per il percorso di preparazione che per il risultato ultimo dello spettacolo.
È come incominciare un cammino verso una data meta.
Il piacere lo trovi guardando i paesaggi che attraversi, le persone che incontri e quasi guardi con soddisfazione i piedi dolenti per la marcia.
Così nel mio percorso di attrice spesso ho sentito il bisogno di frequentare dei seminari di teatro nonostante mi sia formata a sufficienza con scuole e corsi quando vivevo nella Capitale.
Sì, è proprio così, in questo lavoro non si finisce mai di imparare e l’oggetto principale è il “materiale umano”, l’incontro con anime diverse e l’energia che si crea tra esse.
Con “Italian Graffiti” di Vito Signorile ho avuto l’occasione di incontrare tante anime meravigliose, molto diverse tra loro ma con lo stesso bisogno di comunione artistica.
Questa forza è stata guidata dal nostro coach che si nutriva del nostro entusiasmo ed era completamente dedito a noi mettendo a disposizione tantissimo tempo e fatica.
Tutto questo non è scontato.
Ho “attraversato” un personaggio che amo da sempre ovvero Nina, protagonista de “Il Gabbiano” di Cechov.
Ho abbracciato questa storia e l’ho portata nella mia vita cercando di confonderla e mescolarla.
Ho attinto da piccoli input presenti nel mio bagaglio emozionale. Il risultato è stato molto emozionante e bello da vivere.
Credo fortemente nel teatro come terapia nei confronti degli aspetti brutti della vita.
I corsi di teatro ti restituiscono quella dimensione ludica che spesso perdiamo, distratti dalle mille incombenze delle nostre esistenze.
Per me il teatro, e includo quest’ultimo percorso all’ Abeliano, è vivere con leggerezza come diceva Italo Calvino: “Prendete la vita con leggerezza, che leggerezza non è superficialità, ma planare sulle cose dall’alto, non avere macigni sul cuore.”