La manifestazione inserita nel più ampio progetto “oMaggio a Bari”, iniziato anni addietro col patrocinio e la collaborazione della Commissione Cultura del Comune di Bari presieduta dal dott. Giuseppe Cascella, per valorizzare le bellissime e numerosissime edicole votive sparse nella città vecchia che si intende rendere oggetto di recupero e riqualificazione, si configura come un reading di poesie e interventi liberi a cielo aperto in un luogo significativo di Bari vecchia, possibilmente in una serata di luna piena, divenendo un invito a tutti, cittadini, aziende, Istituzioni, a contribuire fattivamente a preservare questo autentico tesoro “adottandone” almeno una.
Piedigrotta barese 2021
Il Centro Polivalente di Cultura Gruppo Abeliano, riprendendo un’antica manifestazione dei primi del ‘900 denominata Piedigrotta Barese, organizza per l’occasione il Premio “Piedigrotta Barese” per valorizzare gli autori di componimenti (poesie, racconti, canzoni) in vernacolo dandone pubblica visibilità.
Scarica il Bando di Concorso ed il Regolamento di Piedigrotta Barese 2021
La pandemia nello spettacolo
Pensierini da fermo Covid 19
È inevitabile che gli eventi portino i pensieri ai corsi e ricorsi storici e ad analizzare vecchi e nuovi pericoli. La situazione attuale li contiene tutti!
Non sono Ottimista. Si parla di date per riaprire… di come superare il momento… Ben venga una data di riapertura ma bisognerà fare i conti con la comprensibile diffidenza del pubblico. stare fermi per un tempo indefinito ma certamente lungo potrebbe/dovrebbe essere utilizzato per mettere ordine nel settore dello spettacolo.
Credo che l’Italia sia piuttosto lontana dagli standard europei e, senza giri di parole, diciamo che leggi e regole sono ancora influenzate quando non determinate da lobby e particolarismi che vedono ancora trionfare la grande forbice tra nord e sud ma anche quella tra ricchi e poveri, tanto per citarne un paio. Attenzione, dunque, a coloro che oggi hanno la responsabilità di gestire regole e danari! Il particolare e nuovo nemico che combattiamo, purtroppo monopolizza l’attenzione e può indurre ad errori e suggerire rimedi peggiori del male! Viva il teatro dal vivo. Leggi
Il futuro… a sud dell’uomo – Vito Signorile
Impegnato nell’attività teatrale ininterrottamente da oltre 50 anni, caparbiamente con una sede stabile nella nostra città, non mi esimo da una prima esposizione di dati riguardanti il Centro Polivalente di Cultura Gruppo Abeliano che mi onoro dirigere.
In occasione del trentennale di attività, nel 2000, ebbi occasione di scrivere quanto segue in un pezzo dal titolo Il futuro… a sud dell’uomo:
Siamo alla fine del 1969 quando un gruppo di giovani, molti dei quali “fuorusciti” dal Piccolo Teatro di Eugenio D’Attoma, decidono di mettersi assieme per occuparsi di teatro e strutturarsi in modo più consono al nuovo che veniva dal ’68. A luglio del 1970 viene presentato ufficialmente alla stampa, alla libreria Rinascita, il «manifesto» del Gruppo Abeliano. Due aspetti caratterizzano immediatamente l’impegno del Gruppo: l’esigenza di una «casa» propria per meglio elaborare e sperimentare il lavoro dell’attore; la capacità di rimettere in discussione il proprio operato in un continuo confronto dialettico.
Ad ottobre dello stesso anno, infatti, l’Abeliano allestisce la prima sede: una piccola accogliente sala a Piazza Garibaldi che diverrà poi sede de «I Campi Elisi». Con essa i primi passi produttivi: Flashes, Il maestro serale, Musica e provocazione. Il 30 maggio 1971 il Gruppo si dota di una struttura più consona alle accresciute esigenze e inaugura il Centro Studi Gruppo Abeliano, con un teatrino di circa duecento posti in viale Giovanni XXIII, sviluppando in esso una intensa attività culturale e di produzione teatrale che lo pongono immediatamente al centro dell’interesse cittadino.
Si allestiscono mostre di fotografia, artefice un grande Rocco Errico che sarà il fotografo di scena dell’Abeliano fino alla sua prematura scomparsa; Poi l’avanguardia dei pittori baresi sollecitati da uno dei più creativi spiriti liberi come Peppino Schito. Si allestiscono spettacoli di impegno civile come Il mestiere di sopravvivere, Vietnam concerto, Un cantastorie per un compagno, Urlo dal ghetto. Si affrontano le prime recite in trasferta nelle piazze pugliesi. Tra gli spettatori, insigni rappresentanti della cultura e del mondo politico a dibattere con giovanile passione degli spettacoli e delle tematiche per una nuova drammaturgia e per un impegno sociale anche attraverso manifestazioni artistiche. Un appassionato e generoso sostenitore dell’Abeliano fu Nicola Oberdan Laforgia con le sue «critiche» puntigliose e la sua veemente capacità di moltiplicare entusiasmi.
E non si possono dimenticare i «minacciosi» inviti a studiare di Beniamino Finocchiaro «perché nel mondo del teatro non c’è posto per i ciucci», o le analisi di Rino Formica che si animava per spiegare che «il finale con una bella diapositiva di piazza Loreto può soddisfare le esigenze estetiche ma può indurre a pensare ad inaccettabili soluzioni violente».
Tanti amici e sostenitori a stimolare e forgiare la nostra resistenza a difficoltà e ostacoli di ogni genere. Ma alcune esigenze si fanno prepotenti: affinamento tecnico, professionismo e partecipazione al più vasto dibattito teatrale che si sviluppa in Italia. Mentre si allestiscono e si replicano in «giro» (siamo alle primissime esperienze di decentramento in piccoli Comuni della provincia pugliese e nei Centri di Servizi Culturali) spettacoli come I giorni della Puglia rossa, In ogni tempo, in ogni paese, Pé non murì se canda, il Gruppo opera un primo grande passo di organizzazione interna in senso professionale. Nell’autunno del 1973, viene costituita la prima cooperativa teatrale in Puglia con il coordinamento di Beppe Lopez che ne assume la presidenza. Nuovo impulso alla produzione, prime aperture a collaborazioni esterne e rinnovato dibattito sulla drammaturgia italiana.
È di questo periodo l’allestimento de I Cavalieri di Aristofane con la collaborazione della regista Maricla Boggio, l’organizzazione, insieme alla rivista «Politica e Mezzogiorno», di una conferenza dibattito sul tema «Repertorio Teatrale Italiano: Esiste o non esiste?», l’ospitalità presso il Teatro Abeliano, in collaborazione con l’Eti, dei cartelloni sperimentali «Ricerca 2» e «Ricerca 3». l’allestimento dello spettacolo C’era una volta un contadino del Sud di Michele Campione. Il tempo moltiplica e differenzia esigenze e interessi professionali restringendo il nucleo fondatore. La cooperazione costituisce comunque l’unica formula possibile per una graduale impostazione “aziendale” che consente autonomia di scelte politiche e culturali.
Nel 1976 il Gruppo Abeliano opera in collaborazione col Teatrino di Foggia (Tga). Nel 1977 la cooperativa si ristruttura in Centro Polivalente di Cultura Gruppo Abeliano e l’anno successivo opera una svolta decisiva per il proprio futuro inaugurando a maggio, in occasione del Congresso Costitutivo dell’Associazione pugliese delle coop. culturali aderenti alla Lega, il Teatro Abeliano, in largo 2 Giugno, che si affermerà in pochi anni come il terzo teatro della città e quale importante punto di riferimento per la cooperazione culturale. Gestire un teatro vero. Sembrò un’intuizione geniale, in realtà si trattava di una conditio sine qua non.
Chi avesse voluto fare il teatrante professionista in Puglia, in tutto il Mezzogiorno d’Italia, con la sola esclusione di Napoli e della Sicilia, aveva due sole strade: quella durissima e arrendevole della emigrazione e quella durissima e caparbia di restare e gestire un teatro in cui operare”.
A proposito di ‘Cronistoria di un Teatro in 2 canzoni e poche parole’ – Damiano Francesco Nirchio
È una bella storia barese, pugliese, italiana. E dura da ben cinquanta anni! Ho pensato molto a questa bellissima storia ( che conosco in parte, per frammenti o racconti che si perdono oramai nel mito e nella leggenda) in questo momento difficile per tutto il settore: quante difficoltà si devono superare per arrivare a cinquant’anni? Quante volte si sarà pensato “stavolta è finita “?
I Maestri sono maestri in tutto. Anche su come superare i momenti difficili.
Auguri al Nuovo Teatro Abeliano , (a Vito Signorile e a tutto lo staff) che ne farà altri cinquanta e farà vedere a tutti noi come si fa.
Canti di Natale 2020
Premio Piedigrotta Barese 2020
> Scheda di Adesione
Riprendendo un’antica manifestazione dei primi anni del ‘900 il Gruppo Abeliano organizza annualmente dai primi anni Novanta il Premio “Piedigrotta Barese” che, proprio come nell’antica ‘Piedigrotta’, vuol valorizzare gli autori nostrani di componimenti in vernacolo (in prosa, poesia, canzone) dandone pubblica visibilità.
Alcune poesie e canzoni ormai ‘tradizionali’ hanno ottenuto un successo straordinario in questo modo (si pensi a “Canzone a Marì” di Macina-Giannini che divenne sigla della fortunata e popolarissima trasmissione di Radio Bari “La Caravella” con i suoi mitici Colìne e Mariètte).
La Piedigrotta Barese è peraltro da qualche anno attuata sotto l’egida del Comune di Bari, Assessorato alle Culture e Commissione Culture, con la collaborazione delle Associazioni Culturali cittadine riunite nel più vasto Progetto denominato “Omaggio a Bari” (ideato e coordinato da Vito Signorile) teso alla rivalutazione del Dialetto barese e al recupero di Tradizioni, Lingua, Usi, Costumi, Racconti, Canti della Cultura popolare Barese.
Importanti personaggi del passato, “i padri del nostro dialetto” vengono celebrati nel corso della ormai tradizionale manifestazione attraverso la lettura di loro opere da parte di attori e cantori professionisti e dei tanti seguaci, innamorati della propria città.
Quest’anno la Piedigrotta Barese è dedicata a don Alfredo Giovine, poeta, ricercatore e prezioso “scrigno” di saggezze, racconti e canti, motti e lazzi del popolo barese. A distanza di ben 28 anni, un “amarcord” attraverso un reperto video della prima festa organizzata in suo onore al Teatro Abeliano con la partecipazione di quasi tutti gli artisti baresi, per la regia di Vito Signorile.
Il Premio “Piedigrotta Barese” si articola come di consueto nelle seguenti 4 sezioni:
Premio “Francesco Saverio Abbrescia” per la Poesia
Premio “Alfredo Giovine” per il Racconto breve
Premio “Matteo Salvatore” per la Canzone
Premio “Rocco Errico” per la Fotografia
Ogni sezione prevede la categoria ‘adulti’ e la categoria ‘ragazzi’. Vincono i primi 3 classificati per ciascuna sezione e categoria, insindacabilmente votati da una Giuria (composta da note personalità della cultura e dello spettacolo) presieduta dall’Assessore alle Culture del Comune di Bari o altro delegato delle Istituzioni locali.
Si può partecipare con uno o max due componimenti per ciascuna sezione. I lavori (a tema libero) devono essere inediti e in dialetto barese (ossia dell’area metropolitana),
le fotografie (a colori o b/n) devono riferirsi al centro storico della propria città, ai suoi quartieri, alle sue tradizioni, ai suoi artigiani, ai suoi monumenti, ai suoi paesaggi, alle sue peculiarità.
La premiazione avverrà nel corso della tradizionale festa/spettacolo della ‘Piedigrotta Barese’ che si terrà presso il Teatro Abeliano di Bari il 29 e 30 giugno e 1 luglio e verrà trasmessa in diretta da RadioPoPizzTv e in streaming sulle pagine Facebook-Youtube del Teatro Abeliano.
> Per partecipare, scarica da qui la scheda di partecipazione acclusa al Regolamento.
Ma tu… “Ragù” di Signorile… l’hai mai visto?
“Ma tu… “Ragù” di Signorile… L’hai mai visto?”
“No.”
“Ma sei pazzo…? Lavori a Bari. Fai teatro da quasi vent’anni… e non hai mai visto “Ragù”? Roba da matti… E perché?”
“Come… Che significa “perché…? Non è capitato… Tutto qui. Me lo sono perso. Quando lo hanno fatto? Quest’anno? L’anno scorso?”
“No… Vabbè… Signorile ha detto – l’altra sera che stavamo a teatro – che è arrivato quasi a mille repliche. Sono anni e anni che lo fa! E com’è che te lo sei perso?”
“Mi sono perso anche l’Antigone di Brecht col Living Theatre nell’ottanta al Petruzzelli. Sai quanti spettacoli mi sono perso?”
“Ma nell’ottanta eri nato?”
“Sì. Avevo cinque anni.”
“Secondo me nell’ottanta – e qualche cosa – Signorile già portava in scena Ragù…”
“Figurati…”
“Sicuro! Ma… tu lo conosci Vito Signorile?”
“Non di persona.”
“Sei sicuro di lavorare in teatro? A Bari? E non conosci Signorile… E non hai visto Ragù…”
“E comunque ormai me lo sono perso. Sopravviverò anche a questo! Passo già troppo tempo a teatro e… non è che la sera, dopo una giornata fuori casa, io muoia dalla voglia di rimettermi in macchina e tornarci, eh? Ne deve valere proprio la pena… Una cosa tipo l’Antigone di Brecht col Living… E comunque ormai è perduto. Me lo racconterai. Esisterà un video…!”
“Che hai da fare domani sera?”
“Non mi dire…”
“Che hai da fare domani sera…? Dai!”
“Lo fa ancora? Ma con i soldi della SIAE, in trent’anni, si sarà comprato una Ferrari!”
“Vieni o no? Scommettiamo che ti piace?”
“Non scommetto. Lo faccio per te… A me uno spettacolo che si chiama Ragù non mi piace a prescindere… Io già il Ragù non lo digerisco granché. Mi rimane pesante… Come se secoli di dolore e sofferenze dei miei avi nati – sfortunatamente a queste latitudini – mi si piazzasse tutto d’un colpo sullo stomaco. Preferisco una spigola al sale…”
“No…! Il Ragù di Signorile è diverso! È leggero… Una poesia… Si scioglie in bocca! Allora? Vieni…?”
“Vengo.”
La prima volta che ho visto Ragù è andata così. E successo qualche anno fa. Oggi le repliche saranno più di mille.
Il mio consigliere, per nulla intimorito dalla mia giovanile spocchia da artistoide, fece bene ad insistere riconoscendo, prima di me, dove abitano la leggerezza e la poesia; un riconoscimento facile se si ha il tempo e la disponibilità d’animo di sedersi ancora a tavola con la propria storia, la propria tradizione, il gesto necessario e antichissimo del “farsi raccontare”.
Che è ascoltare il racconto altrui. Ma anche racconto di sé.
E tutto si mescola in una storia che è collettiva, come un rito arcaico che si smarrisce e ritrova in quel profumato crogiuolo bollente.
Del resto…
Il segreto del buon Ragù, come di ogni umana Poesia, è l’Amore.
Damiano Nirchio
Riccardo Spagnulo per il Teatro Abeliano
Ci passavo davanti ogni volta che tornavo dall’Università: il bus arancione stipato di persone come sardine sferragliava davanti al capannone di cemento all’ingresso di Parco 2 Giugno, su viale della Costituente. Sul davanti, c’era un’insegna illuminata al neon e fuori, in una nicchia come quelle che si incontrano passeggiando per Barivecchia, le locandine degli spettacoli. Proprio lì sull’uscio, non era raro vedere, attraverso i vetri sudici del bus, un signore che calcava un cappello a falda larga e che scrutava l’orizzonte camminando avanti e indietro con chissà quali pensieri per la testa. Leggi